Ritratti di poesia

Tutto vortica, ribolle, scortica ed esplode, nell’emblematica testimonianza poetica di Fortuna Della Porta. Ci s’imbatte in una scrittura còlta da una inesausta enigmaticità che sa destare, nel lettore, una costante e irrisolta inquietudine. Il libro Mulinare di mari e di muri (LietoColle, 2008) è un esteso poema gonfio di surreale febbrilità, la cui voce dirompente appare invasa, se non addirittura divorata, da immagini allucinate e sorprendenti, entro le quali si mostra una turbinosa e incontenibile effervescenza che travolge e sconcerta. Con il suo incedere imprevedibile, la poesia di Della Porta si maschera e si ritrae, poggiandosi, con pervicacia, su di una trama fitta di numerose coordinate, spesso tese a produrre una vistosa alternanza di toni giocosi e di inaspettate aperture verso l’imponderabile e il tragico. Il discorso si snoda, così, con un’anfibia indeterminatezza, configurandosi come un instabile universo pervaso da una violenza irridente e da una gioia irrefrenabile e oscura.
Un gioco intensissimo, dunque, costituito di impressionanti materiali figurativi ed emotivi e pregno, in ogni istante, di interni sbigottimenti e di pericoli nascosti. La direzione dei versi, allora, si profila nervosamente colma di macerie e di corrosioni, di stupefazioni e di stordimenti, di beffarde scheggiature e di implacabili deflagrazioni.