Come salvare un pensiero.


La terapia combinata in: Gramaglie e Frattaglie di Fortuna Della Porta
Parole dialettali, caricaturali, che raccolgono qua e là echi antichi che una nave sanza nocchiere in gran tempesta, ha sciacquato (troppo) in Arno. Sono parole di una donna, che al dogma del sacro ha scelto l’”eresia” della mischia lessicale, per ritrovare le canoscenze dantesche, dialettali e latine senza far sbiadire il pensiero in acque troppo toscane. E per fortuna. Con attenzione sensibile qualcosa ancora sfugge all’imbarbarimento, se si osserva un debole linfatismo noetico che trasuda dalle radici dei dialetti e dalle lingue antiche; radici nascoste nelle profondità più australi del pensiero, che portano in foglia gli zuccheri clorofilliani verso la luce del sapere. Tutte queste parole compongono quadri caricaturali come i ritratti di Arcimboldo, fatti di maschere dalle vocche antropomorfe sempre pronte a canoscere melograni sgranati, lengua che trase e jesce fuori, messe in scena hic et nunc, quindi estemporanee ed effusive. Se le disponi e le scegli suggeriscono nuove forme perchè sono parole fatte coi cinque sensi più uno, quello partenopeo. E’ il senso principale, frutto di grande fantasia che lega con mano sicura i nodi di un teatro-tappeto, dove la tristezza endemica di un popolo si inscena con disegni fatti di parole tonne tonne come un bacio, parole che mascherano la tristezza con rimandi apotropaici e la presentano allegra. Per questo la plaquette: Gramaglie e Frattaglie di Fortuna Della Porta non deve essere letta ma recitata in un teatro dove al davanzale dell’ovest una volta la Luna ricolse il suo pianto e le stelle sorelle, accumpagnate da Venere, sul far del mattino sciallarono dai setati capelli dorate gocce di acquazza. In queste parole- forma vivono suoni Oschi che vocalizzano emozioni ancor prima di uscire come parole, sciamano come un tempo di valle in valle, di villaggio in villaggio e contagiano la forza di uomini per, come dice Lino Angiuli, contrastare in qualche modo questi tempi così narcotici, ma così narcotici, da aver ridotto pesantemente il numero di chi dovrebbe avvertire l’obbligo di “prendere la parola”, anzi brandirla.