L’imperscrutabilità dell’essere è il nucleo tematico delle raccolte poetiche di Fortuna Della Porta, con la mente subito caleidoscopicamente bloccata, la penna immediatamente reticente. La fatica di tentare l’inesprimibile è vana: non rivela che un criptico vuoto, un negarsi delle cose mentre l’autrice prosegue ostinata, nel frattempo domandandosi come la poesia possa esprimere le grandi questioni dell’uomo.
Scrive: “La sonnolenza delle cose/ colpisce stanotte/ l’arsura del patio/ e lassù la luna sinuosa/ non regge lo scirocco/ Dietro la casa colline calve/ come seni avvizziti/ da che il tempo è girato/e scruta inviolabile/ l’enigma/ delle cose indolenti/ e il silenzio.” Le stagioni illuminano una pacata meditazione, quasi registro delle malinconie e delle improvvise tregue, che stillano dai ripetitivi agguati del quotidiano. Non dispiace una leggera riservatezza che funge da filo ininterrotto nello scorcio della capacità di osservare tra memoria e narrazione.