Quando si osservano le correnti marine si cercano i fiumi: vigori e colori diversi delle acque e direzioni dove sguardi consoni oppure dissonanti trovano composizione nella veduta, oppure la striatura di percorsi infinitamente dissolventi.
Già Lucrezio nel De Rerum Naturae descriveva con perizia i movimenti geofisici delle acque e come gli uomini siano immersioni provvisorie di questi grandi cieli acquei.
Quando invece F.D.P. dilata il verso in una sorta di amniocentesi naturale del corpo, si realizza che anche il vuoto è la nostra mancanza che crea:
Solitudine e affanno superfluiscono al discorso.
Il mondo morirà della mia morte afferma la poetessa.
La separazione esiziale del nostro corpo soffre e si allontana dalla fusionalità della madre Gaia ed allora è meglio concedersi un divincolo parziale:
Una semilibertà fra il tutto incessante/sparente e la nostra breve parvenza.
Per questo Mulinare di Mari e di Muri cerca un periplo esistenziale nella lettura del mondo e dell’elemento marino con la forza contemporanea della navigazione e dell’incaglio.
Alla fine non chiede nulla. Solo una domanda restituita.