Già nel titolo il libro si presenta con lo stile di indole fiera che la poesia in sé racchiude.

Fra allitterazioni, ossimori, parole di nuovo conio, si dilata interiormente un’idea di scrittura, filosofica secondo Hegel,  che mette in evidenza la forza della contraddizione. Inizio e fine del ‘nominare’. Dialogo e suo contrario, monologo, soliloquio.
“I mari sono i miei” – sembra dire –  “l’allargato sfiorire d’acquoreo che il mio corpo dipinge”.
“Ed anche i muri lo sono – il punto fermo, le rocce di resistenza che oppongo ai marosi, mentre sobbalza la mia barca e rischio lo scontro e lo sconquasso…” 
Rappresentare l’esperienza come fenomeno fonosimbolico è il saettante collage dei paragrafi, versi, strofe, l’esito espressivo della poesia.
Mare. Ci nutre l’avventura. Nell’onda della parola è l’incertezza dell’umano fluire, governato dall’ordine del caos. Tanti mari del vivere nell’unico mare del mondo. Tante parole per mettere in evidenza le poche cose essenziali.
Tema di morte circola tutto intorno alla vita, ogni giorno ci pressa, vicino, lontano.
“…Sin dal primo vagito ha segnato/ in ogni fibra che la vita è caduca/ e l’ umano respiro plana solo nella morte,…” (pag. 35, vv. 11-14).
 
In questo caso si tratta di pre-veggenza. Capita non di rado che il poeta si esprima in termini di profezia. La sua sensibilità, di antica possessione, lo avverte di qualcosa di oscuro che aspetta,  che non si distingue ancora. Un presentimento. E’ forse un lutto? Amici e conoscenti hanno problemi. Circola il male del secolo, il rischio nascosto di un mare inquinato. Si gira in tondo  sempre all’argomento. Se poi l’accadimento che ti colpisce (conosci la morte solo quando ti piomba addosso) converte il pre-sentito in fatto,  allora si dice :  – Forse se l’è cercato…   Se l’era chiamato…
Appena compiuto il libro, F.D.P. ha perso inaspettatamente sua Madre. Quale diminuzione di sé supera la perdita di questo bene?   
Questo libro di poesia si situa in bilico fra il ‘prima’ e il ‘dopo’, diventa in qualche modo segnale autobiografico, che segnerà d’evento la sua vita.
“ Cenere del tempo,/ di me neanche la mano si salva,/ nemmeno uno dei miei capelli.” (pag. 15, vv. 16-18).
 
Il tono non è di tragedia. Se il male è nell’aria, se il morbo è comune, di cosa stupirsi?
Rassegnarsi, no.
Spericolato il poeta, osa guardare in faccia perfino la propria morte. Diventa romantico, se ne compiace, quasi se ne innamora.
“Voglio che sia di sera,/ sotto un ponte del Tevere/ con le auto in su e le stelle nell’acqua,/ proprio sulla scena, circondata dai sensi./ Saluterò un gabbiano/ affiderò un pegno a una radice di un platano/ lo firmerò col sangue/ chiedendogli di ricordarsi di me. / Andrò all’appuntamento/ come avessi un amante/ profumata e coi capelli al vento./  Ho preparato il vestito/ la frase del commiato…” (pag. 46, vv. 1-13).
 
E così l’acqua che ci forma ci ricondurrà nel mare… 
La verità del mare è di portata enorme. Per contro la roccia resta impavida.
 
Tutti lo sanno. Il morire di un congiunto si traduce, in parte, in morte di sé. Almeno per il tempo del lutto mancano spazi e aria.  La rosa muore che ci profumò primavera nel canto.
“ Il cielo è morto/ e non se ne accorge nemmeno./  E’ appassito il prato azzurro/ e vaga carico di nubi.” (pag.17, vv. 1-4).
 
Ogni rosa che sboccia ha già in sé la propria morte, sappiamo.
Ma tu sei viva adesso, hai voce, mano, parola per dire, che sa di gola e di cuore, di cervello, che odora di gambe e di nuoto.
“ Ho vinto tutti i mari per arrivare/ a questo tramonto di distanze./ Nel nulla dei giorni, coi mesi e gli anni/ che  precipitano in avanti,/ riesco a pensare che solo la morte/ tiene il passo dall’inizio alla fine./ Eppure non mi muovo. Non tocco nulla.”  (pag. 19, vv. 1-7).
 
Estroversa ‘allure’di poesia si espone scontrosa al senso comune.  Avanza e si ritira, come il mare. 
La sintassi si appoggia quietamente sul corpo lessicale, senza scarti di curva repentina. E ciò giova a una più immediata comprensione, anche di ciò che è celato.
Sebbene meno enigmatici i testi e più dimesso il tono,  meno ludico il passo, meno giochi enigmistici dell’andare, rispetto ai libri precedenti,  in questa plaquette si conservano il piglio del dare e lo slancio del porgersi all’abbraccio: la determinazione d’approccio alla lingua scelta, che caratterizza Fortuna Della Porta come produttrice di scrittura nei generi vari.